Quando si parla di intelligenza artificiale, bisogna subito sgombrare il campo da un equivoco. L’Ai non è semplicemente un’evoluzione dell’automazione o uno strumento per migliorare produttività ed efficienza: è, prima di tutto, un modo attraverso cui l’uomo rappresenta sé stesso. È il riflesso della nostra intelligenza, dei nostri comportamenti, dei nostri valori. E proprio per questo non può essere trattata come un fenomeno solo tecnico o economico: riguarda tutti, come cittadini, lavoratori e persone.
Ogni rivoluzione tecnologica, a un certo punto, diventa anche una rivoluzione etica. L’intelligenza artificiale è quel momento. Non si limita a servire l’uomo, ma inizia a interpretarlo, imparando dai suoi dati e dalle sue decisioni. È, in un certo senso, il nostro specchio: se non siamo consapevoli dei messaggi che le trasmettiamo, rischia di amplificare i nostri pregiudizi, anziché correggerli; di moltiplicare le disuguaglianze, anziché ridurle.





